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Eolo
stelle lontane
A MILANO UN CONVEGNO SUL RAPPORTO TEATRO E SCUOLA
“Partecipazione attiva, modelli e innovazione nei percorsi didattici”.

Sul rapporto fra teatro e scuola

Negli spazi del Teatro Munari, inaugurato nel 2017 e affidato alla gestione del Teatro del Buratto, lo scorso 7 ottobre si è tenuto a Milano il convegno dal titolo “Partecipazione attiva, modelli e innovazione nei percorsi didattici”.
L’iniziativa, realizzata in collaborazione con Agita (associazione per la promozione del teatro nella scuola e nel sociale) si collocava all’interno di un progetto di promozione della pratica teatrale nella scuola denominato TAC (Teatro Attiva Cultura), finanziato nel 2019 da un bando del Ministero della cultura (ora MiC), vinto dall’istituto comprensivo “Rinnovata Pizzigoni”.

Tocca a Beatrice, una ragazza russa che frequenta la terza media, aprire i lavori. Con un porgere risoluto (che a tutti aveva immediatamente ricordato la figura e il piglio disinvolto di Greta Thunberg), dice che lei va spesso a teatro, ma la maggior parte dei suoi coetanei ci va solo un paio di volte all’anno; rivendica la gratuità del teatro per gli studenti, poiché ciò fa parte della loro formazione. Infine, con un certo ammirato stupore dell’uditorio, conclude il suo intervento citando alcuni passaggi del messaggio che, nel 2016, il regista e pedagogista teatrale Anatolij Vasil’ev aveva dettato in occasione della giornata internazionale del teatro. Vale la pena di riportare almeno l’appassionata esortazione finale.

… C'è bisogno di ogni specie di teatro. Al diavolo i gadget e i computer: andate a teatro, occupate le file in platea e in galleria, porgete orecchio alla parola e osservate attentamente le immagini viventi. Davanti a voi c'è il teatro: non consentite che la vostra vita frenetica lo trascuri.

Dopo questo originale incipit, la prima sessione dei lavori è aperta da Francesco De Biase, dirigente del settore cultura del comune di Torino, intitolata “Agorà dell’ascolto” e volta a esplorare le opportunità di fruizione teatrale dall’infanzia fino alla prima adolescenza. A questa erano stati invitati i rappresentanti del Municipio 8 di Milano e i responsabili di due importanti compagnie di teatro ragazzi operanti in Lombardia: Il buratto e Pandemonium.
Si discute dell’importanza della cultura, della funzione interdisciplinare del teatro; si formulano programmi e auspici per una diffusione e uno sviluppo del rapporto fra teatro e scuola; si cita il glorioso, primo protocollo interministeriale del ’95, che aveva riconosciuto il valore dell’attività teatrale nella scuola.
Apprezzato l’intervento della dirigente dell’istituto comprensivo – non casualmente intitolato a Giuseppina Pizzigoni, pedagogista del primo ’900 con la passione per le arti e per il teatro – che sottolinea l’opportunità di superare la famigerata recitina di fine anno con la valorizzazione del percorso, con un’attività teatrale che favorisca le diverse abilità.
La sessione si chiude con un breve video, composto da Mario Bianchi con spezzoni di film che mostrano bambini attenti allo spettacolo teatrale: da Ingmar Bergman, a Pier Paolo Pasolini, a Italo Calvino.

Con la seconda sessione, intitolata “Speakers' Corner: è una terza cosa o che?”, il convegno entra nello specifico del teatro in ambito educativo. La coordina Salvatore Guadagnolo, operatore teatrale e formatore, vicepresidente di Agita, che riafferma come, nella pratica teatrale da introdurre nel curriculum scolastico, l’attenzione al percorso deve avere preminenza sul prodotto.
Michela Vanni, muovendo dalle proprie esperienze di insegnante e di operatrice del teatro della scuola in Friuli, ricorda l tempi in cui i ragazzi venivano “deportati a teatro”. Nello spirito del principio pedagogico di don Milani (I care), afferma la necessità di “un prima e di un dopo”, ove i ragazzi siano preparati, e poi guidati a una discussione critica su quanto hanno visto. Indica l’importanza delle forme di teatro civile realizzato nei laboratori scolastici e nelle rassegne, che consentono al teatro di uscire dai confini della scuola e farsi volano di cittadinanza.
Peppe Coppola si presenta come figlio del teatro della scuola e, con l’aiuto di un tenero cartone animato su un uccellino che non vuole imparare a volare, ci introduce in un mondo che solitamente non ha una grande visibilità: quello dei più piccoli, da zero a sei anni. Il suo intervento si conclude con un’affascinante immagine di poesia tratta da Canti del guardare lontano, di Giuliano Scabia: “Il big bang non è uno scoppio fragoroso, ma un mormorio”.
L’intervento di Claudia Pastorini indirizza la nostra attenzione su un aspetto fondamentale della pratica teatrale, cioè il corpo, da considerarsi nella sua interezza. Ci parla dell’uso del diaframma; della postura, che incide sul nostro modo di essere e di porgere. Infine, ci illustra la complessa funzione, non puramente meccanica, di un elemento anatomico dal nome astruso, sconosciuto ai più: l’ileopsoas, altrimenti detto “muscolo dell’anima”.
Conclude la sezione Franca Zuccoli docente alla Bicocca che, rievocando la figura di Giuseppina Pizzigoni: coetanea di Maria Montessori, maestra, attrice, fondatrice della scuola “Rinnovata”, ne sottolinea il progetto pedagogico, che prevede l’inserimento del teatro: non come materia, bensì come linguaggio.

La terza e ultima sessione del convegno, intitolata “Valutazione del fare e dell’essere”, si propone di analizzare il ruolo dei laboratori artistici all’interno dei curricula scolastici. La coordina Loredana Perissinotto, figura ormai storica dell’animazione teatrale, del teatro ragazzi e del teatro della scuola, fondatrice e presidente di Agita, che dichiara in apertura la necessità di una scuola “a misura di ciascuno, come un abito di alta sartoria”.
Lo psicoterapeuta Giulio Nava propone un’elaborata scheda docimologica, che non trovava però molto seguito nei successivi interventi del pubblico.
Con la sua abituale arguzia Giorgio Testa provoca l’uditorio con la citazione di un criptico ma suggestivo frammento del filosofo cirenaico Aristippo: “non come pietra su pietra”. Una metafora che indica il comportamento necessario per i destinatari di qualsiasi formazione; un atteggiamento non inerte, ma recettivo: un’indicazione valida non solo per il pubblico dei pietrigni teatri dell’età di Pericle, ma ancora oggi.
Con l’ultimo intervento Rosaria Ciriello, insegnante di lettere in un istituto tecnico napoletano e allieva di Peppe e Salvatore, oggi conduttrice di laboratori, ci riporta alla concretezza del fare, in trasparente polemica con gli schemi di valutazione precedentemente illustrati: “Non misurare, bensì dare valore al percorso formativo. Ma per questo serve tempo e continuità; i progetti devono essere almeno triennali”. Riporta l’illuminante commento di una ragazza, che non le ha detto: “Sono cresciuta, sono cambiata…”, bensì: “Vado avanti, sto crescendo, sto cambiando”. Dopo aver spiegato il diverso ruolo dell’insegnante nel laboratorio teatrale rispetto a quello in classe, conclude auspicando che il teatro lo facciano tutti i genitori, togliendosi le scarpe e mettendosi in gioco, come fa lei.
A conclusione Loredana tira le fila di quanto esposto, ribadendo due concetti a lei cari: la pluralità delle forme teatrali possibili e la pedagogia della situazione.

Questi, a un dipresso, i temi toccati nel corso di un’iniziativa che già sta dando i suoi frutti. Infatti, dallo scorso dicembre è in atto un corso di formazione e co-progettazione dal titolo “Pratiche e Poetiche del Teatro della Scuola”, condotto da operatori teatrali e formatori di Agita, seguito da circa venticinque docenti provenienti da undici classi di scuole primarie e secondarie di primo grado della zona. Inoltre, è già in cantiere la costituzione di una rete di scuole nel territorio, anche in vista della partecipazione a rassegne di teatro della scuola.
L’augurio è che la situazione sanitaria, di cui è difficile prevedere gli sviluppi, non faccia appassire le felici suggestioni e le sollecitazioni nate da questa meritoria iniziativa.

CLAUDIO FACCHINELLI





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